Oggi la musica non è più arte, ma un bene di consumo. Più consumatori, più veritá, più il prodotto si vende. La massa assetata di idoli è la garante del successo di un artista, il marketing grande cocchiere di un esercito di pecore.
Un tempo le voci femminili cantavano in modo volutamente smorfioso per sottolineare il lato per così dire "pink" dell'interpretazione. Erano rari i casi come J. Joplin o come le voci "scure" alla Nina Simone o Billi Holiday che ti facevano tremare l’ipotalamo. Gli uomini ci davano dentro, penso ad Elvis o a Johnny Cash, che sembravano lasciar intendere: “Hey baby guarda quanto sono maschio anche quando canto, mi stanno per scoppiare i pantaloni", che attenzione non ha nulla a che vedere col sessismo o diritti gay e che il tuo dio mi fulmini in caso contrario. Oggi, invece, le donne si sforzano di cantare con voce caricaturale, imitando gli uomini, cercando aria nei bassifondi polmonari, e dal momento che devono dimostrare di avere le "palle", povere animelle, battono il piedino in terra per caricarsi come tori: dai, dai Elisa
celapuoifare , un’altra nota e sei svenuta. Penso alle nuove
star italiane quali Emma Marrone, Anita Amoruso, Giusy Ferreri che vola metricamente da mi l’ ano fino a Bangkok con la bombola d’ossigeno stroboscopica attaccata al citofono. E i maschietti? I cantanti di genere “male” rimangono, senza soluzione di continuità, vittime dell'onda pop londinese di fine anni ‘90 che ha generato orde di eunuchi cloni, completamente appiattiti su sonorità da seminario. Fragili virgulti ad ali di gabbiano, bisognosi di coccole e rassicurazioni. Il fenomeno si è propagato come la febbre spagnola : James Blunt, Bruno Mars, Jason Mraz, One Direction, Mengoni boscaiolo, stuoli di youtubers efebici, o quell'altro di cui non mi ricordo il nome perchè per me è sempre il cantante dei Coldplay. Non c’è niente da fare, tutta colpa del marketing, infettivo come la febbre spagnola, giunto nei porti dalle stive, propagandosi prima tra i topi avvantaggiando navigazioni che avrebbero meritato l’avaria o l’ammutinamento.
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