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domenica 5 giugno 2016

Corleone, la verità sull'inchino davanti la casa del boss

Domenica scorsa l'ultima processione che ha attraversato le strade di Corleone si è fermata per un "inchino" davanti alla casa dove abita Ninetta Bagarella, la moglie del capo di Cosa Nostra, Totò Riina. Appena resisi conto del luogo della sosta, il commissario di polizia e il maresciallo dei carabinieri, che erano presenti, hanno lasciato la processione inviando una relazione alla procura distrettuale antimafia. A seguire, il sindaco e tutti i devoti che seguivano la processione, hanno abbondato in massa la funzione, lasciando da solo il parroco con la vara e il membro della confraternita che aveva organizzato tutto con un raggiro.  "Ho messo il Google Maps. Fidatevi!", avrebbe detto prima di iniziare il cammino religioso.
Subito dopo anche il prete, resosi anch'egli conto della malefatta a sua insaputa e infuriatosi, ha brandito il megafono ed ha urlato all'indirizzo della Bagarella, che in quel momento si affacciava dal balcone insieme alla sorella: "La mafia è una montagna di merda". A quel punto anche la statua di San Giovanni, posta sul carro, è scesa dalla croce ed è tornata a piedi in Chiesa, mentre gli astanti gridavano al miracolo.
Il sindaco, inorridito dall'accaduto, si è immediatamente prodigato nel fornire alla procura distrettuale antimafia, nomi e cognomi dei presunti responsabili tra cui anche il presidente di Google Maps Italia.
Ancora una volta la Sicilia dopo anni di vessazioni e soprusi, si dimostra sempre più convinta e decisa nel confermare il proprio ruolo di portatrice sana di legalità, lontanissima da quelli che oramai sono solo antichi pregiudizi.



#Ihaveadream.





Ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello; quelle che sognano di sciogliere i ghiacciai del Polo con un fiammifero; ma oggi, signore e signori, davanti a voi, in questa bara di mogano costosissima, c’è il più testa di minchia di tutti. Uno che aveva sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge” (l'ironica orazione funebre scritta da Borsellino a Falcone mentre era ancora in vita)






sabato 19 luglio 2014

Borsellino, il giudice del risveglio

Il 19 Luglio di ventidue anni fa ero sul letto della mia cameretta verde a giocar con le bambole. Avevo otto anni e in quel periodo Palermo era blindata, ma la giovane età non mi permetteva di comprenderne il motivo. Militari ad ogni angolo di strada, macchine della polizia dislocate a presidio delle abitazioni dei magistrati.  Io avevo sempre otto anni e non capivo nemmeno quale fosse il significato della parola "Mafia",sineddoche di Al Capone, tuttalpiù. Vietato parlarne. Poi nel pomeriggio del diciannove sette novantadue: il botto. Un boato, un petardo troppo forte per essere solo un petardo. In linea d'aria, casa mia era distante da via d' Amelio circa 3 km. Tremarono i vetri degli infissi, i miei genitori si guardarono inderdetti negli occhi come a dirsi ' forse e caduto giù il palazzo di fronte'. La televisione già dopo mezz'ora trasmetteva a reti unificate "È stato assassinato il giudice Paolo Borsellino, vittima di un attentato mentre era in visita alla madre". 
Quel giorno non esplose solo la Fiat 127 piena di tritolo, è scoppiato il vaso  di Pandora dell'antimafia.
Da quel giorno la mafia è una montagna di merda.
Per tutte le coscienze assopite, risvegliate a suon di polvere da sparo.


"Almeno, l'opinione pubblica deve sapere e conoscere. Il pool deve morire davanti a tutti"