Nel 1989 su iniziativa del del pool antimafia di cui facevano parte i magistrati Sciacchitano, Di Pisa*, Morvillo e Ayala, l'allora pubblico ministero Giovanni Falcone firmava un avviso di garanzia per Franco Franchi. Il reato contestatogli era quello di associazione mafiosa con la cosca di Santa Maria di Gesù di Palermo. Insieme a lui venne indagato e intercettato anche Mario Merola, per via di una dichiarazione del pentito catanese Antonio Calderone che collaborò direttamente proprio con Giovanni Falcone. Calderone viveva sotto falsa identità in Francia e in quel periodo riceveva spesso le visite del giudice. Il collaboratore di giustizia confessò quindi di avere incontrato qualche volta Franco Franchi a Catania in occasioni di feste in cui partecipavano i boss.
Durante l'istruzione del processo, Franco Franchi, ammise di aver incontrato vari boss, ma solo in quanto invitato in alcune occasioni, giacché personaggio famoso. Per sua fortuna, l'aver conosciuto esponenti di famiglie rivali indicava una sua diretta estraneità, condizione che lo porterà al definitivo proscioglimento dalle accuse.
Palermo credette sempre all'innocenza dell'attore, in Sicilia era un'istituzione. L'opinione pubblica sul territorio si inferocì a tal punto da scagliarsi come un caterpillar contro la magistratura. "Quel pezzo di merda di Falcone ha infangato Franco Franchi", era il leit motiv. Il giudice invece stava compiendo "solo" il suo dovere, circostanza difficile da far comprendere alla massa, soprattutto in quel periodo.
Il risultato fu un guazzabuglio di notizie manipolate, diretto dalla stampa, che espose Falcone alla pubblica ignoranza e rese il comico il mostro da sbattere in prima pagina.
Ayala solo dopo la morte di Franchi dichiarò che quest'ultimo fu indagato solo "per dovere".
Franchi, moriva di cirrosi epatica l'11 dicembre del 1992, praticamente lo stesso anno delle stragi in cui morirono Falcone e Borsellino.
Al suo funerale, tenutosi a Palermo alla Chiesa di Casa Professa, la figlia non mancò di sottolineare quanto quelle "calunnie" distrussero emotivamente, e non solo, il comico palermitano che morì con un senso di dispiacere mai risolto.
*Di Pisa, nel 1989 venne accusato di aver inviato le lettere anonime, su carta intestata della Criminalpol, contro Falcone. Poi fu assolto, ma non si capì mai chi fu "Il Corvo".
Palermo credette sempre all'innocenza dell'attore, in Sicilia era un'istituzione. L'opinione pubblica sul territorio si inferocì a tal punto da scagliarsi come un caterpillar contro la magistratura. "Quel pezzo di merda di Falcone ha infangato Franco Franchi", era il leit motiv. Il giudice invece stava compiendo "solo" il suo dovere, circostanza difficile da far comprendere alla massa, soprattutto in quel periodo.
Il risultato fu un guazzabuglio di notizie manipolate, diretto dalla stampa, che espose Falcone alla pubblica ignoranza e rese il comico il mostro da sbattere in prima pagina.
Ayala solo dopo la morte di Franchi dichiarò che quest'ultimo fu indagato solo "per dovere".
Franchi, moriva di cirrosi epatica l'11 dicembre del 1992, praticamente lo stesso anno delle stragi in cui morirono Falcone e Borsellino.
Al suo funerale, tenutosi a Palermo alla Chiesa di Casa Professa, la figlia non mancò di sottolineare quanto quelle "calunnie" distrussero emotivamente, e non solo, il comico palermitano che morì con un senso di dispiacere mai risolto.
*Di Pisa, nel 1989 venne accusato di aver inviato le lettere anonime, su carta intestata della Criminalpol, contro Falcone. Poi fu assolto, ma non si capì mai chi fu "Il Corvo".
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