Ventimiglia di Sicilia 4 dicembre 1945
Come ogni giorno Giuseppe Puntarello, segretario locale della sezione del partito comunista, si recava a lavoro all’alba. Nato nel 1892 a Comitini – il paese delle zolfatare, a cui erano legati Pirandello e Quasimodo – tornato da Asmara (Eritrea) nel 1939 si stabilì a Ventimiglia di Sicilia dove trovò lavoro per la ditta di trasporti INT che collegava il paese alla citta’ di Palermo.
Insieme a lui lavorava un certo Andrea Mauro, già amico prima della Grande Guerra.
Ogni mattino, alle 5 in punto, Andrea passava da casa di Giuseppe, e insieme si recavano alla rimessa in cui veniva custodito l’autobus.
Adesso, sarebbe bello potervi raccontare una storia d’avventura in cui due amici per la pelle affrontano la vita d’ogni giorno incontrando personaggi fantastici, ma la realtà è un altra: un bacio alla moglie, uno sguardo ai bambini che dormono e qualche minuto dopo il rumore assordante di uno sparo nel gelido silenzio mattutino; il corpo di Giuseppe viene rinvenuto per strada in una pozza di sangue e neve. Un manipolo mafioso lo ha costretto a fermarsi e lo uccide senza pietà con un colpo di lupara.
Quando accadeva un evento simile, in una piccola realtà da villaggio, un po’ per consolare la moglie che da casa aveva sentito prima di tutti il colpo e che non faceva altro che ripetere “non ci credo, hanno ammazzato mio marito e il letto era ancora caldo” come una cantilena, un po’ perchè in quel periodo anche solo il pronunciare la parola “mafia” era veicolo di guai, si cominciò a giustificare quell’omicidio come un errore “l’hanno ammazzato per sbaglio”- si diceva.
In sostanza, quella mattina, Andrea Mauro, avvisato da non si sa chi, non si recò come al suo solito sotto casa di Giuseppe, pensando bene di rimanere a casa senza avvertire l’amico, dal momento che qualcuno con una soffiata, l’aveva avvertito che se fosse uscito di casa l’avrebbero ammazzato.
Il motivo per cui avrebbero dovuto eliminarlo era il fatto d’essersi invaghito della donna di un boss della zona perchè “quella donna” apparteneva ad un altro. Siccome a causa del gelo ci si copriva con dei mantelli (i pastrani) che celavano completamente il viso della persona, i criminali sbagliarono persona e uccisero l’innocente Puntarello, invece del “femminaro” Mauro.
La verità venne a galla solo qualche anno dopo. Era stato ucciso per il suo impegno di dirigente della Camera del Lavoro. Si era trattato, insomma, di uno dei tanti omicidi che in quegli anni la mafia compiva per piegare il movimento contadino in lotta per le terre. Quando venne assassinato, il figlio più piccolo aveva dieci anni, la moglie Vincenza 48.
Il riconoscimento di Giuseppe Puntarello, come vittima della Mafia, avvenne alla fine degli anni ’90, attualmente è seppellito nel cimitero di Ventimiglia di Sicilia insieme alla moglie ed i figli. Mio nonno materno era il secondo dei suoi figli, ed io, orgogliosamente, sono sua nipote.
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