giovedì 21 aprile 2022

In Piemonte ti pagano per non abortire, benvenuto 1975


Avete presente il film Good bye Lenin?  Quello in cui una donna entra in coma prima della caduta del muro di Berlino e al suo risveglio, per evitarle uno shock, tutti i suoi familiari continuano a comportarsi e a modificare la realtà come se ancora esistesse la Germania dell'Est? 

Ecco, è così che mi sono sentita quando ho letto questa notizia: "La Regione Piemonte ha stanziato 400.000 euro da destinare alle donne in gravidanza che per motivi economici non possono tenere il bambino e sostenere le spese e quindi decidono di abortire"
Benvenuto 1975, ho pensato.

L'assessore alle Politiche Sociali, rigorosamente uomo di valore di Fratelli d'Italia, classe 1982,  si ritiene molto soddisfatto:  "Il nostro obiettivo è garantire il vero diritto di scelta della donna".  Ancora una volta un uomo con tante certezze e nessun dubbio su qualcosa che probabilmente ha riguardato la propria madre o che potrebbe in un futuro riguardare se stesso e le sue figlie. Grazie all'assessore Marrone, il Piemonte finisce pure sul The Guardian per quella è una smargiassata firmata "Brothers of Italy". 

La prima testimonianza scritta di un aborto risale al 1550 a.C. e si trova nel Papiro Ebers, antico Egitto, e a conti fatti in Italia ce ne abbiamo messo di tempo prima di arrivare alla depenalizzazione del "reato di aborto clandestino" (1976) e alla legge sull'interruzione volontaria di gravidanza (1978).  Questo per dire che non solo si tratta di un fatto tipico dell'agire umano, ma che si tratta del primo vero diritto "del genere" che va protetto e garantito. 

La scelta di stanziare fondi per convicere  le donne a non abortire  è una toppa peggiore del buco, dal momento che molte donne per via di suggestioni morali - non adeguatamente sostenute e impaurite da quello che invece è un Diritto - potrebbero accettare un compenso, un obolo per mettere a tacere quella vocina interiore che conduce al baratto della propria autodeterminazione. Un ricatto da qualche migliaio di euro che ti convince che la maternità sia un dovere. 
 
L'interruzione volontaria di gravidanza è una pratica sempre esistita e mai priva di implicazioni emotive determinate da fattori più svariati e spesso anche coesistenti. Società, famiglia, religione, inadeguata scolarizzazione, tutte variabili che hanno influito in quello che dovrebbe essere nel 2022 un diritto liberamente esercitabile poichè legato fondamentalmente ad un fenomeno che è innanzi tutto biologico dal punto di vista fisiologico e cronologico, poi emotivo. Sarebbe stato auspicabile uno stanziamento di fondi per associazioni, apparati, organismi che si occupino a monte di educazione alla sessualità consapevole, insistendo su quei territori umani dove l'alfabetizzazione e l'emancipazione femminile sono ancora una chimera.  Invece ancora una volta ci troviamo di fronte a un modo di fare politiche sociali senza strategia e senza lungimiranza. Un sussidio può  aiutarti temporaneamente a comprare pannolini, ma non a colmare vuoti emotivi.
I fondi verranno gestiti sulla base di un progetto denominato "Vita Nascente" che li destinerà alle associazioni pro-vita e antiabortiste che operano settariamente in tutta la regione,  con il pericolo che a usufruirne saranno mestieranti della truffa che fingeranno disagi di ogni tipo per assicurarsi le somme destinate. 

L'interruzione di una gravidanza segue un protocollo rigidissimo che si fonda su fatti scientifici e presupposti contingenti, ma gli aspetti psicologici che coinvolgono le donne sono sempre profondi a prescindere dalla motivazione.  Tutto gira intorno all'annosa questione: quando considerare un feto un essere umano? 

Poi penso a come operano gli adepti delle associazioni pro-life  e mi rendo conto che alcuni di loro non sono nemmeno diventati adulti, figuriamoci "umani".




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