domenica 19 dicembre 2021

La variante A E I O U Y

trenino grande bellezza
Devo ammetterlo, il governo dei migliori è riuscito in un'impresa epica, è riuscito a mettere d'accordo tutti, sì vax e no vax. In questo paese lacerato da fazioni tutti si uniscono in un coro comune: avete rotto il cax.

Personalmente farò la terza dose appena sarà possibile , credo nel dibattito scientifico ed ho deciso di non affrontare più l'argomento "vaccini" dal momento che non riesco ad essere democratica.

Si vocifera di un piano d'emergenza per impedire alla variante omicron di proliferare agli aperitivi, alle riunioni di famiglia e alle tombolate. Il piano, che più che un piano è un ammezzato, prevede il divieto assoluto di partecipare e organizzare grandi eventi tipo veglioni, cenoni e pranzi a casa di mia madre. Probabilmente verrà vietato anche a Gesù di nascere e i re magi arriveranno il 16 gennaio per via della quarantena per chi viene dall'estero. Tutto questo una settimana prima di Natale, come se si possa parlare ancora di "emergenza" e non di convivenza e pianificazione.

Questo inimmaginabile piano governativo prevederebbe tamponi per tutti, vaccinati e non, esclusivamente per i grandi eventi che vorrei capire in cosa si differenziano dal centro commerciale il sabato pomeriggio. Ora, lo sappiamo tutti che la vaccinazione al momento non rappresenta la soluzione definitiva, ma sicuramente si tratta della migliore disponibile che abbiamo al momento, e dati alla mano, ci salva almeno dalla terapia intensiva e da un tubo di scappamento in gola, ma con questo sistema pavido di legiferare, alluvionale, incerto e raffazzonato, la cura si è trasformata in malattia. Si tratta di una malattia subdola perchè alimenta qualcosa di psicologico e sottile cioè la guerra fra ugualmente diseguali. 

Green-Pass, Super Green-Pass, quarantene di 4, 5, 10 giorni solo se Saturno è in Capricorno. Una regola ci voleva, una sola, chiara e responsabile, purchè una; perché oramai i tempi sono maturi, al contrario di questo governo dell'anno, che studia frettolosamente come fronteggiare la nuova variante A E I O U Y per il Capodanno.







lunedì 13 dicembre 2021

Fry-day 13

Oggi in Sicilia non è il 13 Dicembre, non è nemmeno Santa Lucia, è l'arancina-day, un blackfriday alimentare in cui puoi fare grossi affari al prontosoccorso.

Il motivo per cui si mangiano le arancine risale alla tradizione di non consumare, in questo sacro giorno, alimenti che contengano derivati del grano, come la farina o la pasta. 
Si tratta di una specie di fioretto per ringraziare la santa per averci salvato, inviandoci per mare un bastimento carico di grano, dalla carestia del 1646.
Lucia, protettrice della vista, diventò santa per essersi opposta in nome di Dio al tiranno pagano e pertanto  le furono cavati gli occhi dopo essere stata decapitata dopo una lunga persecuzione.
Per questo valido motivo a Palermo comprare il pane il 13 dicembre è reato. Tanti panifici si convertono in friggitorie per un giorno, molti addirittura nemmeno aprono: "chiuso per Santa Lucia". Si frigge talmente tanto che viene pure allertata l'ARPA per i controlli sulla qualità dell'aria. Praticamente si respira olio.
Noi siciliani abbiamo un talento naturale per trovare occasioni in cui abbuffarci fino al coma, tant'è che le feste comandate oramai hanno raggiunto livelli da rave, allucinazioni comprese a fine pasto.
A casa con mia madre questo giorno è sempre stato un incubo: è lei che si occupa di fare arancine per tutta la dinastia, nonchè per il condominio, e se è il caso anche per chi passa per caso da casa sua in questo friggi-day: -"La vuoi un arancina?", come It e dopo averti offerto il caffè.
Naturalmente sei costretto ad accettare e devi dire che sono le migliori mai mangiate, e in effetti lo sono. Vige una sorta di dittatura del riso fritto a cui non puoi scampare.
L'anno scorso mi ha chiamata il 13 per farmi gli auguri e contemporaneamente per manifestare tutto il suo disprezzo nell' aver visto su Istagram una foto in cui addentavo una brioches.
-"Che schifo, come fai a mangiare il pane il giorno di Santa Lucia?"
Ho dovuto dirle che la foto era del giorno prima.

Quando ero piccola ricordo che l'idea di non poter mangiare la pasta, o le brioscine, mi ossessionava. Non riuscivo proprio a farmene una ragione. Ricordo come fosse ieri, ma poteva essere l'89, che una volta mentre la aiutavo, mio malgrado, a panare la centocinquantesima palla di riso, cominciai a chiederle insistentemente e con tutto l'accanimento di cui solo i bambini sono capaci: "Perchè? Perchè mamma, perché, perché ma', non posso mangiare il pane e nemmeno il pancarrè e nemmeno la girella perché ma'? Nemmeno il soldo del soldino? PER-CHé?". E lei, che impertubarbile, senza nemmeno voltarsi e con le mani nel ragú, mi rispose: - "Perché se non mangi le arancine, diventi cieca come Santa Lucia".

L'immagine dei miei occhi strappati e serviti sul piattino d'argento turbò il mio sonno per molti anni.
 Ciò che ne dedussi fu che per i cattolici  la cecità era una fissazione e che più mangiavo arancine meglio avrei visto, un po' come per le carote. E in effetti, a dirla tutta, ci vedo benissimo.

sabato 4 dicembre 2021

Nutella SARS-CoV-2 Antigen Rapid Test

Inizia l'inverno e inizia quel periodo dell'anno in cui il piccolo mostro col quale vivo comincia ad alternare brevissimi periodi di benessere a lunghissimi periodi da lazzaretto. Febbre, moccio color alien, tosse incessante e conseguente vomito che solo Padre Damian Karras potrebbe aiutarmi.

Con l'avvento della pandemia la questione si complica perchè invetabilmente il pensiero è che tuo figlio si possa trasformare in una pericolosa bomba virale con tutte le conseguenze ipotizzabili da una madre sì vax non troppo apprensiva.

Lunedì scorso, oggi è sabato, mentre ero al pc a compilare documenti noiosi, il piccolo untore che nel frattempo aspergeva batteri in tutte le stanze con teneri e incessanti colpetti di tosse, è apparso all'improvviso avvicinandosi con una bottiglietta di estathè quasi finita:
-"Mamma questo tè non ha più sapore"
-"Silvano in che senso non ha sapore?"
-"Mamma, ti dico che non sa di niente, non ha nessun sapore nes-su-no"
Cazzo il Covid, penso subito, lo osservo in silenzio per tre secondi e in quei tre secondi il mio cervello ha cominciato a ipotizzare tutta una serie di tragedie degne di un film di Mario Merola.
Presa dal panico corro in cucina, prendo una cucchiaiata dal barattolo di Nutella e torno dal quattrenne ficcandogli in bocca il cucchiaio senza spiegazioni. Gli ho subito chiesto se sentisse il sapore, pretendendo quasi una risposta prima della domanda.
Con gli occhi lucidi perchè cercava di trattenersi, mi ha detto in apnea di sì, che lo sentiva, vomitando però un istante dopo dal momento che la Nutella gli fa schifo. Era terrorizzato. Terrorizzato da me ovviamente.
Poi all'improvviso l'illuminazione e ho riflettuto sul fatto che non compravo bottigliette di tè da Agosto.
"Silvano scusa da dove hai preso questa bottiglietta?"
"Era fra i miei giocattoli, in fondo nel cassetto, sotto l'allegro chirurgo"
E un chilo di polvere.
Un tè vecchio di 5 mesi, poteva sapere solo di rancore.
Ho mangiato un cucchiaio di Nutella pure io, mentre la pozzanghera di vomito davanti ai miei piedi mi rassicurava dell'esito negativo del test.





domenica 28 novembre 2021

Cara Greta, non te la prendere




Le immagini e l'audio non lasciano spazio ad alcuna interpretazione: il siparietto è disgustoso. Ma la cosa più disgustosa è quel  "non te la prendere" della cariatide in studio, più dell'esecrabile gesto del microcefalo che ha pensato bene di dare la pacca sul sedere a Greta Beccaglia. Nondimeno avrei voluto assistere alla pronta reazione del cameraman che come minimo avrebbe dovuto inseguirlo per dargli un colpo di microfono in testa.

Però, Gretina cara, cosa ti aspetti da quel mondo lì? 

Empoli-Fiorentina non è un buon posto dove esercitare i propri diritti di genere. 
E' il rischio del mestiere, l'esito di anni di  Mediaset, di programmi televisivi come Drive in o di uno show qualsiasi presentato da Pippo Franco, di film con Massimo Boldi, di cinepanettoni che sbancano al botteghino e di questa svilente cultura del nulla trasmessa da trent'anni a tutte le ore. Non che ci sia un sillogismo perfetto, ma non tutti hanno gli strumenti educativi, mentali e sopratutto evolutivi che gli consentono di capire che quello che fa Gerry Calà non si può fare senza consenso. 
Provo un profondo senso di avvilimento, non come donna, ma come essere umano, perchè purtoppo c'era da aspettarselo lì e altrove in questo mondo de-genere.
Perciò, cara Greta, non te la prendere, augurati solo che il fenomeno che ti ha dato la pacca abbia una moglie, sarà più efficiente di qualsiasi tribunale. 









venerdì 19 novembre 2021

Baratti


Sono nata il 3 novembre e sarei dovuta nascere il 2, ma mia madre a cui erano letteralmente scoppiate tutte le vene del corpo implorò il dottore di non farmi nascere "per i morti".
Il dottore, solo per questo, le disse che era completamente matta perché il morto poteva essere lei. E non sapeva che quando comunicò a mio padre di essere di nuovo incinta e lui le propose un baratto con una pelliccia qualora avesse abortito, lei rispose che questa volta "se lo sentiva" che ero femmina, che adesso era sicura perché glielo avevano annunciato personalmente le anime dei corpi decollati della chiesa sul ponte delle teste mozze di corso dei Mille.
L'ecografia poi le aveva annunciato che sarei stata il quarto maschio. 
Non ebbe il coraggio di dirlo a mio padre, coltivò quella che definì "una tragedia", in assoluta omertà.
Si tratta di una storia a lieto fine, tranne che per tutte quelle marmotte sacrificate inutilmente 38 anni fa che finirono nella pelliccia che nonostante tutto mio padre le comprò.

sabato 30 ottobre 2021

Era meglio la zucca



Halloween in Sicilia non si celebra perché è una festa pagana e troppo truce per i bambini. Meglio la tradizione del 2 Novembre, quando nel buio della notte i fantasmi dei cari estinti, che non hai nemmeno conosciuto, entrano dalla finestra e ti lasciano fantastici giocattoli e quantità di dolci che ti condurranno con loro in coma glicemico.
Una volta, poteva essere l'88, anche il mio  bisnonno Peppino, morto ammazzato nel 45, mentre dormivo lasciò qualcosa per me sul tavolo del soggiorno: Barbie principessa delle fate limited edition.
Mentre scartavo la confezione la mia testa era pervasa da immagini deliranti: orde di parenti zombies che attraversavano muri, che si arrampicavano sulle grondaie per entrare in casa con in mano le scatole incartate all'Upim.
Per terrore e angoscia, non avrei dormito mai più. Avevo bisogno di spiegazioni, di conforto, e quindi andai dalla persona sbagliata: mia madre, che in quel momento stava ancora lavando le tazze della colazione: "Mamma, come faceva bisnonno Peppino a sapere che volevo proprio quella Barbie?"
Chiuse il rubinetti, si asciugò le mani sul grembiule, si chinò per darmi un bacio e fissandomi negli occhi mi disse:
"Sono io a parlare con i morti".

Era meglio la zucca, ora che ci penso.

mercoledì 20 ottobre 2021

Squid che?

È da circa un mese che sento parlare di Squid Game, tra preoccupatissimi genitori che lanciano allarmi sociali e appassionatissimi fan di questa serie televisiva sudcoreana prodotta da Netflix. Premesso che l’unica cosa che guardo in tv è Doraemon, e non per mia volontà, per capirne di più ho dovuto cercare qualche informazione su Google e YouTube.

Squid Game, letteralmente gioco del calamaro, parla di 456 poveracci indebitati fino al collo che accettano di partecipare ad una specie di gioco senza frontiere dove chi perde viene ucciso brutalmente da guardie vestite di rosso contraddistinte dai simboli  dei tasti dei controller (Δ O X)- a voler sottolineare  che ci troviamo in uno shooter game umano. Tutto questo accade per il sollazzo di alcuni miliardari che osservano dai teleschermi quello che poi è un reality in cui vince chi non è morto durante l'esecuzione delle prove. In palio un montepremi di 45600000000 won, circa 33 milioni di Euro.
Su Youtube si trovano piccole parti degli episodi, probabilmente quelli più pulp,  e due in particolare saltano fuori fra i primi risultati di ricerca:  una in cui una  "guardia tasto triangolo" fredda un partecipante che non è riuscito a scrostare perfettamente la fustella di un biscotto e un’altra dove una bambola gigante spara dagli occhi, come Freezer di Dragonball,  ad un poveraccio biondo decolorato che ha perso da pivello ad un, due, tre stella. Sangue dappertutto come nei migliori dei film di Tarantino o Kurosawa. 

Sicché,  alcuni comitati a tutela dell'infanzia e orde di genitori in apprensione per il possibile effetto simulazione, sobillati  da psicologi illuminati dai loro smartphone, hanno fatto scattare l' allarme  sociale che metterebbe a nudo le fragilità dei loro figli e i loro repressi istinti predatori. 

È vero che alcune scene sono davvero truci, ma nell'insieme risultano al limite del grottesco,  dal momento che gli attori recitano volutamente in modo caricaturale sembrando concorrenti del Takeshi’s Castle.

In ogni caso niente di nuovo per chi ha dimestichezza con la cinematografia asiatica-  ancora meglio con quella coreana (avete mai visto Parasite?) - e niente di nuovo per noi della generazione cresciuta a crostatine mulino bianco e cartoni animati giapponesi in cui il fatto che a un bambino delle elementari sanguinasse il naso in presenza di una bella ragazza sembrava una cosa normale. I manga ci rendevano comprensibili aspetti della cultura orientale che mai avremmo avuto modo di capire.

Vi ricordate il cartone animato “Forza Sugar?” Ve la ricordate la prima puntata  in cui il tenero e piccolo Sugar orfano di madre, seduto su una panchina immersa nella nebbia della sera  accanto al papà pugile, si accorge che questi gli è morto accanto in silenzio, ucciso dai postumi di un KO? Intere generazioni non c’hanno dormito la notte e nemmeno il giorno. E non voglio scomodare Ken il Guerriero o l’uomo Tigre in cui le scene dove l’avversario esplodeva come un petardo e schizzava sangue sugli spettatori impassibili erano la norma.

Una volta, lo ricordo come fosse ieri, ma era più o meno il '91, due dei miei tre fratelli rimasti fulminati dal film Karate Kid cominciarono a darsele di santa ragione senza motivo, fin quando pensarono bene di simulare un combattimento in cucina dove campeggiava un enorme lampadario di vetro massiccio. La sfida durò qualche minuto fin quando uno dei due, prima di sferrare il colpo fatale, aiutandosi col bastone della scopa usato come spada,  dopo un impetuoso “mossa della gruuu!!” con rincorsa, spaccò la plafoniera rimanendo affettato sotto la pioggia di migliaia di frammenti di vetro che schizzarono dappertutto. Naturalmente finì al pronto soccorso e ricordo bene il momento in cui rincasando da scuola incontrai mio padre con la faccia di marmo che trascinava mio fratello fuori di casa tenendolo per il collo. Mio fratello con il volto bianco come un lenzuolo era ricoperto di sangue come un mon cherì spappolato. Non mi sembrò strano, tant'è che chiesi imperturbabile cosa fosse accaduto e mio padre ancora più imperturbabile rispose: “Non lo sai che hai due fratelli samurai?”. 
Entrando in casa trovai mia madre sconsolata,  che con la spada spazzava via il vetro dal pavimento della cucina e nel frattempo borbottava quanto fosse dispiaciuta per il suo lampadario da duecentomila lire. 

Tuttavia, crescendo con tre fratelli maschi più grandi di me, non serviva guardare cartoni animati o telefilm per assistere in casa a episodi che oggi ci avrebbero catapultati al tribunale dei minori. Squid game avrebbe avuto su di noi la stesso impatto del Lago dei Cigni e nessuno di noi si sarebbe sognato di dare la cera e togliere la cera a qualcuno perché non solo conoscevamo bene i nostri genitori, e quello che ci sarebbe capitato, ma soprattutto loro conoscevano bene noi.

Il polverone sollevato da Squid Game non è che una parte di quella rete di marketing tipica dell' industria dell' entertainement a cui molti hanno abboccato proprio come calamari.
I veri pericoli celati negli ambienti virtuali frequentati dai loro figli, ad esempio l'imitazione di  idoli opinabili,  risiedono altrove, soprattutto nell'oblio di ciò che siamo stati a tredici anni e della società in cui vivevamo, non meno complessa e meno rischiosa di quella odierna. 
Il turbamento e la preoccupazione per gli effetti che avrebbe un telefilm come Squid Game, con la sua narrazione grottesca, che cela maldestramente messaggi di accusa politici, mette piuttosto in risalto le fragilità degli adulti e la loro incapacità di interpretare correttamente la realtà e i contenuti diffusi dai media, piuttosto che la debolezza di ragazzini che sanno bene che il sangue sputato è solo gel a base di silicone venduto su Amazon a 12 euro al litro. 



mercoledì 29 settembre 2021

Sogno o son desta?

“The Astral Body”, oil on panel
 from Portland (Oregon) 
@markrogersart 
Ho cominciato a soffrire di disturbi del sonno ai tempi del liceo e tutt’ora durante periodi di forte stress ne soffro ancora, ho attraversato fasi nella mia vita in cui andare a dormire è stato letteralmente un incubo. Ci sono due posizioni in cui dormo, supina o perfettamente in equilibrio sul mio lato sinistro, che mi portano ad uno stato in cui il cervello sembra essersi svegliato, ma il mio corpo no. E’ una specie di limbo in cui riesco a percepire gli stimoli esterni, come il suono della zanzara che mi gira intorno o la luce che filtra attraverso le tende, ma non riesco a controllare né i muscoli, né la voce. 
In sostanza mi ritrovo in uno stato di paralisi che mi impedisce di fare qualsiasi azione, anche solo chiedere aiuto, mentre nel frattempo assisto a paradossali fenomeni allucinatori sonori e visivi. Sento un oppressione incredibile al petto, le mie gambe pesano 20 tonnellate, riesco solo a muovere i bulbi oculari e non riesco ad articolare la lingua. La parte peggiore di tutta la faccenda è l’enorme senso di panico che mi sommerge e l'assenza di fiato. Credo sia la sensazione di chi si reincarni in una statua. 
La prima volta che mi è accaduto ne ho parlato subito con l’ultima persona a cui avrei dovuto raccontarlo: mia madre, l’enciclopedia vivente delle superstizioni e dei santi a cui appellarti in caso di malocchio. Un po’ perché si divertiva, un po’ perché forse ci crede davvero, mi diede l’unica risposta che non volevo sentirmi dire: “sono gli spiriti maligni che cercano di mettersi in contatto con te”, poi continuò come nulla fosse a impastare la carne per le polpette. Lo ricordo come se fosse ieri, mentre con un indice davanti al naso mi intimava a parlare a bassa voce "perché ci sentono".

Avevo circa 14 anni ed il mio senso della realtà era abbastanza alterato dall' idiozia che ti colpisce nell’adolescenza. Erano gli anni in cui si scioperava contro la riforma del compianto Guido Gonella, in cui si occupava la scuola per boicottare la versione di greco e le uniche interrogazioni accettabili erano quelle alla tavola ouija

Da quel punto di vista, non ero proprio un’adulta precoce e quando mia madre mi rispose in quel modo ebbi una specie di tracollo mentale che peggiorò solo la situazione. Cominciai a fare ricerche per conto mio e quello che trovavo erano racconti di chi sosteneva di essersi sentito in questo stato mentre gli alieni lo esaminavano, di chi li chiamava viaggi astrali oppure di chi sosteneva che il loro spirito uscisse dal corpo e se ne andasse in giro per universi paralleli parlando con i cari estinti di Lovecraft.

Le mie esperienze allucinatorie per lo più sono uditive, sento rumori assordanti accompagnati da immagini orrorifiche, vedo ombre che cercano di strangolarmi e presenze che mi urlano nelle orecchie con la voce di Malgioglio o di  Giusy Ferreri. 
Altre volte sento proprio quella sensazione di anima che esce dal corpo, come nei più banali film del terrore, lasciando immobile sul letto l'involucro mortale che riesco a vedere e sentire pesantissimo dall’esterno. Quando ero più giovane cercavo di  spiegarmi  questi fenomeni alla luce del dualismo mente-corpo, poi ho scoperto che tutto questo manicomio di sensazioni è solo il malfunzionamento di alcuni meccanismi cerebrali, nello specifico di un segnale che dovrebbe arrivare sia al cervello che al midollo spinale, ma che a causa di un misterioso blackout arriva solo al cervello lasciando il corpo vittima dello sguardo di Medusa. In sostanza queste paralisi temporanee, determinate da un organo chiamato ponte di Varolio, mi impediscono di alzarmi e andare a lottare contro i lupi mannari, una sorta di sonnambulismo al contrario determinato da questo simpatico organo che abbiamo ereditato dai nostri lontanissimi antenati rettili. 

The Nightmare, 1871, Henry Fuseli
In realtà questi episodi durano pochissimi istanti, nella fase REM, ma la sensazione è quella di una lotta lunga ed estenuante per il risveglio. Più cerchi di comandare qualsiasi arto, più rimani piantato e immobile come un blocco di cemento. Nella fase più critica, anche se si tratta di 30 secondi che sembrano ore,  cerco di richiamami a tutte le forze zen  per mantenere la calma, ma gran parte delle volte vengo sopraffatta dal terrore di tirare le cuoia.  Gran parte delle volte penso "sto morendo", altre riesco a controllare le allucinazioni e a modificarle a mio piacimento, nonostante la mia parte razionale sia consapevole di quello che sta succedendo di là in cucina  mentre maledico quel caffè che avrei dovuto prendere prima di ritrovarmi a combattere contro il rettiliano che c'è in me. 

mercoledì 15 settembre 2021

Cobalto nelle Valli di Lanzo e veicoli ciechi

Da quando vivo a Torino le Valli di Lanzo sono la mia gita preferita, soprattutto Ceres dove potete mangiare dei biscotti eccezionali e Balme dove potete ammirare anche da sobri gli stambecchi liberi che pascolano sulla montagna mentre vi arrampicate per cercare qualche tacca in più sul vostro cellulare. Il panorama è mozzafiato in qualunque piccolo centro delle tre vallate,  l'aria è frizzante e la cucina tipica  deliziosa.   Una passeggiata tra i sentieri incontaminati è un toccasana per l'anima, per la vista e anche il palato. In fondo cosa c'è di più umano di un paesaggio?

Purtroppo però la poesia del territorio non riesce a fermare la prosa prepotente dell'industria estrattiva. Un'azienda Australiana (Alta Zinc Limited) si dice pronta ad investire migliaia di euro,  per uno studio sulla presenza di minerali redditizi nella zona di  Usseglio. Sembrerebbe che sotto quelle montagne ci sia tanto cobalto da fare invidia al giacimento più grande del pianeta che si trova in Marocco. 

Il cobalto di colore bianco-argenteo ( dal greco "folletto", nome dato dai minatori tedeschi che incolpavano i folletti di far loro trovare un metallo inutile anziché l'argento), Co per i frequentatori della tavola periodica, 27 protoni, è un metallo di transizione ferromagnetico e molto duro che trova applicazione in vari settori  da  quello medico il cui isotopo viene utilizzato per il trattamento di alcuni tumori, a quello tecnologico delle batterie per le auto elettriche. 

Gli esperti della ditta australiana hanno già provveduto a sopralluoghi e hanno già chiesto le autorizzazioni al Ministero della Transizione Ecologica e alla Regione (ente competente in materia) per poter effettuare analisi nei pressi degli ingressi delle vecchie miniere oramai in disuso dal 1700. 

Quello delle attività estrattive, anche se ce lo immaginiamo in bianco e nero,  è un settore imprenditoriale moderno e attivissimo : molti settori industriali dipendono proprio dalle materie prime ricavate. Si tratta di attività a enorme impatto ambientale sugli ecosistemi, sulle popolazioni e sul territorio, per di più  sfruttando ingenti risorse idriche. 

Il cobalto serve alla produzione di batterie al litio da destinare all'industria dell'auto elettrica, veicolo che ridurrebbe le emissioni nocive. Ma l'effetto sull'ecosistema dell'intero ciclo di produzione, fino allo smaltimento delle batterie esauste è davvero ecofriendly?

I media non sembrano dare molta importanza a questa notizia eppure si tratta di un'operazione di vasta portata, a pochi chilometri da noi, che potrebbe determinare un danno ambientale, ancora una volta di origine antropica,  che si aggiunge a quello  ipotizzato per i lavori della TAV. 

Al momento sembra che tutte le  strade percorribili siano vicoli ciechi, che ogni sistema che cerchi di arginare un problema ne alimenti un altro esponenzialmente non arginabile e soprattutto che ogni nuova tecnologia non sia mai sufficiente a onorare il debito perpetuo con il nostro pianeta.









giovedì 2 settembre 2021

Sicuri ma non troppo

Il legno di castagno è un legno duro e come tutti i legni duri: si spezza ma non si piega.
Quelli che vedete in foto sono due pali ricavati da questo rigidissimo albero che sorreggono uno dei due tunnel della miniera di mercurio di Levigliani in provincia di Lucca.
Il mercurio,  Hg per i frequentatori della tavola periodica, 80 protoni nel nucleo,  si presenta di color argento e insieme al bromo è l'unico metallo che a temperatura ambiente si trova allo stato liquido. 
Sicuramente ve lo ricorderete per le urla di vostra madre quando vi trovava a giocare allegramente con le "palline" che fuoriuscivano dal termometro rotto. Io ad esempio li rompevo di proposito per giocarci di nascosto, roba da servizi sociali.
Fino  a qualche decennio fa veniva anche utilizzato per l' amalgama delle otturazioni dentali, poi negli anni '90  fu comprovata la sua tossicità e ne fu bandito l'utilizzo indiscriminato.
Le esalazioni di mercurio, l'ingestione, il contatto,  determinano danni permanenti e irreversibili ai polmoni, ai reni e soprattutto al cervello. Il suo altissimo grado di neurotossicità danneggia la corteccia  -quasi come gli editoriali di Vittorio Feltri- ovvero la parte del nostro cervello che si occupa delle funzioni cognitive e se avvelenata a dovere conduce  alla morte, al delirio e alla pazzia nella migliore delle ipotesi. 

Spremere il  mercurio dalla roccia è un processo identico a quello con cui si distilla la grappa. Il procedimento avveniva all'aperto, attraverso l'affumicatura e la distillazione del composto minerale dal quale si estrae:  il cinabro. Si trattava di tritare e tostare come luppolo tonnellate di roccia per ricavare qualche chilo di mercurio tramite evaporazione. Non era molto redditizio infatti da una tonnellata e mezzo di roccia si ricavavano appena centocinquanta chili di mercurio. Se vi sembra molto, pensate che una bottiglia di acqua da un litro e mezzo, conterrebbe all'incirca 35 kg di mercurio puro. 
La tossicità di questo metallo era già riconosciuta in epoca romana:  Mitridate, re del Ponto, per prevenire i potenziali tentativi di avvelenamento e per rafforzare il suo sistema immunitario ne beveva un piccolo quantitativo ogni giorno, tipo actimel. Napoleone e Ivan il Terribile probabilmente furono assassinati proprio con una tisana al mercurio.  

Questo per dirvi che chi otteneva la concessione per una miniera di questo tipo era perfettamente a conoscenza dei danni che avrebbe causato ai lavoratori.

In Italia abbiamo dovuto aspettare il 2008  per ottenere una normativa direttamente applicabile, organica e moderna che non lasciasse spazio a interpretazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Si tratta del Testo Unico sulla Sicurezza che si preoccupa innanzi tutto di individuare il responsabile della sicurezza e poi di indicare tutti gli adeguamenti tecnici e formativi che i datori di lavoro devono garantire obbligatoriamente. 
Sulla carta è perfetto, nella pratica un po' meno, considerata la quantità di incidenti che avvengono giornalmente. La sensazione è quella di un perpetuo medioevo in cui il luogo di lavoro è pericoloso come una miniera e dove il profitto e l' indigenza costituiscono i piatti di una bilancia sostenuta da pali di castagno, come quelli incastrati nella volta del tunnel.
Il legno di castagno prima di spezzarsi scricchiola e quelle due putrelle avevano la funzione di allarme anti-crollo. Un ragazzino, che potremmo definire il responsabile della sicurezza, passava tutta la giornata con l'orecchio incollato al palo, come un indiano ai binari della ferrovia e mentre i minatori scavavano la montagna, qualora avesse sentito  crepitii minacciosi, avrebbe dovuto percorrere di corsa tutta quanta la galleria per avvisare del crollo imminente. In sostanza la vita di tutti i lavoratori della miniera dipendeva dall'orecchio di un tredicenne che ascoltava un palo di castagno. Se non morivi per le esalazioni, avevi buone probabilità di rimanere seppellito.

Fa venire un nodo alla gola pensare a quanti hanno perso la vita sotto le macerie, a chi è morto di stenti dopo lunghe malattie; mi pare quasi di vederli e sentirli. Vederli e sentirli. I minatori e i crepitii e i lamenti...
O forse, già che ci penso, devo farmi controllare l'otturazione della mola del giudizio. 

















martedì 20 luglio 2021

La variante no-vax



E' di ieri la notizia di una bambina ricoverata all'Ospedale G. Di Cristina di Palermo perché affetta da Covid. Sia la madre che il padre, dichiaratamente contrari al vaccino, risultano debolmente positivi. 
I media ne hanno dato notizia titolando "Bambina intubata i genitori hanno rifiutato il vaccino" e istantaneamente sui social si sono scatenati puntuali tutti quelli che in prima media durante l'ora di scienze invece di ascoltare la lezione sui virus sfogliavano Postalmarket e Cioè. 
"La bambina potrebbe avere preso il virus a scuola!!!1!!", il 19 luglio gli asili sono tutti aperti in effetti. "Perché incolpare i genitori! La bambina potrebbe avere contratto il virus ai giardinetti entrando in contatto con altri bambini!!!11".
Peccato che la bambina abbia due mesi ed è, lo riscrivo: intubata. 
E pure gli sarebbe bastato cliccare sul link, favoriti dal pollice opponibile che caratterizza la nostra specie, leggere l'intero articolo e accorgersi che a stare in coma farmacologico è praticamente una neonata vittima della variante inglese e forse dei suoi genitori irresponsabili.
Io mi sono vaccinata appena ho potuto, non per ottenere il Green Pass che ritengo inutile e dal momento che sostengo l'obbligo vaccinale, ma per non finire sotto un cipresso e poi per proteggere chi effettivamente non può vaccinarsi: categorie fragili e bambini fra cui mio figlio.
Credo nella scienza, anzi credo nel Dibattito Scientifico e so che la Scienza non ha risposta ad ogni quesito, ma il fatto che non le abbia lei non vuol dire che possa averle qualcun' altro, quanto meno non la fauna dei social che al posto del cervello ha un bidone dell'immondizia. 

In questi mesi ne ho sentite di tutti i colori, gente che litiga sfoggiando lauree conseguite all'università del noncielodicono, persone che prima ritenevo dabbene dalla cui bocca sono uscite  congetture degne di un manicomio comunale:
 -"Tu non lo sai cosa ti iniettano, fanno sperimentazione, siamo cavie per la lobby delle case farmaceutiche, ti modificano il dna."
Peccato che spesso si tratta di gente che prende Aulin con la coca cola e poi implora il farmacista di darglielo senza ricetta oppure compra Cialis su siti vietnamiti.

-"Ci vogliono controllare ci iniettano un liquido con il 5G (?) per controllarci"
Ma controllare cosa? Che sfogli il volantino delle offerte LIDL? O  le tue ricerche su Google, tipo quella in cui non ti ricordi se quella con i carciofi è la capricciosa o la quattro stagioni?

-"Hai fatto la prova del cucchiaino? Lo sai che a mio cuggino è rimasta attaccata una moneta nel punto dove gli hanno fatto l'iniezione? Chissà cosa gli hanno iniettato, forse un campo magnetico"
Certo che ho provato, quando l'ho fatto io pensa che, già che c'ero, ho chiesto al medico di iniettarmi un po' di Autan.
Spesso succede al bar, mentre bevo il mio caffè, oramai annuisco dando ragione a tutti, parlo del meteo,  faccio il modo che l'estinzione della specie segua il suo inesorabile corso. Non cerco di convincere più nessuno.
Il motivo per cui i vaccini sono affidabili, e soprattutto  necessari, dovremmo averlo scoperto tutti in seconda media, ma alcuni stavano leggendo il Tv Sorrisi e Canzoni mentre il professore spiegava i rudimenti di chimica.
"E ora, tutte queste varianti? Ci facciamo un vaccino contro ogni variante? Eh a Uh, ah!", oramai li ascolto come fossero la scimmia di 2001 Odissea nello Spazio e penso che la variante più pericolosa, sia proprio quella dei no vax, quella che attacca il cervello...o il bidone dell'immondizia.



martedì 23 febbraio 2021

Il lavoretto di religione

Da quando mio figlio frequenta la materna convivo col continuo senso di colpa per avergli buttato disegni e lavoretti. Li tengo per un po', aspetto che se ne dimentichi e poi li faccio sparire. Sì lo so, sono un mostro e non faccio nulla per migliorarmi.

Mio figlio, 4 anni,  non ama disegnare, probabilmente preferirebbe scavare in miniera o fare le scarpe per la Nike. Lo sa pure lui.

"Ma guarda che bel disegno... di una testa nera che rotola su un precipizio marrone... ma di preciso cosa è?"
-"Boh, secondo te?"
-"Secondo me?! Ma lo hai disegnato tu!" 
-"Si lo so, è che volevo sapere se lo avevo capito"
OK.

Quando mi mostra uno scarabocchio mi sento sotto pressione, come se mi stesse mostrando una macchia di Rorschach. Ho sempre la sensazione che mi stia mettendo alla prova. Gran parte delle volte non riconosco nemmeno cosa ha disegnato e  leggo il suo disprezzo negli occhi, mentre già immagino di sentirlo a 15 anni che sbatte la porta mentre mi urla tu non mi capisci e che invece la madre di Edgardo sì che è una vera madre visto che gli ha conservato tutta la collezione di 187 rotoli esauriti di carta igienica a forma di coniglietti pasquali.

Adesso, a tutti i soliti lavoretti, si sono aggiunti quelli del giovedì, quelli prodotti sotto la direzione artistica del maestro di religione.

Giovedì scorso, quando sono andata a prenderlo a scuola e ci avviavamo verso casa, ha esordito con una domanda che mi aspettavo da un po': 

-"Ma', ma perché dobbiamo fare religione? A che serve? Io  mi annoio, dobbiamo pure colorare"
-"A un cazzo  tesoro mio, a un cazzo. A rendervi schiavi di una morale incoerente e mentalmente chiusi"

Scherzo. L'ho pensato ma non l'ho detto, e come faccio con tutte le domande esistenziali a cui mi sottopone a tradimento, ho rinviato la risposta ad un momento successivo, più o meno il 2037, quando sarà adulto e deciderà da solo di prenderne le distanze in tutta autonomia.

Arrivati a casa, come ogni giorno, ho aperto lo zainetto ed eccolo lì, il lavoretto di religione, una bella croce di carta in formato A4. C'ho messo un po' a capirlo, e anche a fare qualche gesto apotropaico, poi ho collegato il perché della domanda sull'ora di religione.

-"Silvano, scusami, ma è una croce questa che hai nello zainetto?", mentre faccio ancora gli scongiuri.
-"Sì mamma, visto che belli i teschietti in fila? Questa croce è per dirti che ti voglio bene"
-"Grazie amore, molto romantico da parte tua. Menomale che è una croce perché se fossimo stati testimoni di Geova avresti dovuto ritagliare un citofono e colorarlo"









giovedì 7 gennaio 2021

Ottomila passi

Non sono mai stata una sportiva, a parte la piccola parentesi di 
7 anni di danza classica, non riesco nemmeno ad entrare da Decathlon senza che mi venga la nausea. Proteine in polvere, barrette energetiche, integratori gusto maracuja, beveroni al gusto banana e cioccolato che ti faranno dimenticare anche della carbonara, dicono.  Deliziosi caschetti per biciclette, kimoni, kettlebell, manubri, tappetini fitness primo e secondo prezzo, palle di tutte le dimensioni, tutine comfort per lo Yoga Sivananda o per il Kundalini acrobatico che stimola l'attività sessuale, Zumba wear per mettere a tuo agio glutei e narcisismo. Mi sento circondata da una moltitudine di vestiti e attrezzi che ti fanno pensare che se non  hai almeno una t-shirt Kalenji non puoi  andare a correre nemmeno sul marciapiede.

Io ho sempre fatto parte di quella categoria di alunni che a scuola, durante l'ora di educazione fisica, si imboscava dietro i pilastri della palestra. La professoressa mi detestava ed io ritenevo che il tempo trascorso a sudare e a fare puzzare i piedi prima dell'ora di greco fosse tempo assolutamente perso. Non mettevo nemmeno le scarpe da tennis per farle dispetto, fin quando me la fece pagare nel momento migliore, cioè alla maturità. Quell'anno fu proprio l'insegnante di ginnastica uno dei commissari interni e proprio lei pensò bene di farmi una domanda di "teoria":
-"Quartararo, parliamo della pallavolo, spiegaci qual è il ruolo del libero"
-"Il libero è uno che...appunto quando ha tempo libero va giocare a pallavolo", risposi con voce sepolcrale. 
Mi salvò la docente di greco chiedendomi prontamente di tradurre un passo dell'Odissea. 

Tutti gli abbonamenti in palestra che ho sottoscritto nella mia vita sono stati praticamente devoluti in beneficienza. Mi iscrivo, frequento due settimane e poi vengo inghiottita da un atavico senso di angoscia. L'idea di uscire di casa, prendere un mezzo e chiudermi in un altro posto pieno di gente che corre e suda su un tappeto fermo o su una bicicletta imbullonata,  mi fa rabbrividire. Poi un giorno: la svolta. In una delle rare volte in cui ho cavalcato una cyclette, il mio sguardo si è posato sul linoleum dove giaceva smarrito un braccialetto fitness leopardato, uno di quelli che controllano  la tua attività fisica, i battiti del cuore, le calorie consumate, i passi e i chilometri percorsi. 
"Che carino" pensai, lo presi e me lo misi in tasca senza sapere cosa mi avrebbe riservato. A mia insaputa avevo trovato l'oggetto che mi avrebbe reso schiava: il Mi Band.
Il Mi Band, non è un comune orologio fitness, è il mio padrone.
Si narra che ci vogliono 8000  passi per tenersi in forma e quando li hai raggiunti questo braccialetto emette una vibrazione per dirti "brava, oggi hai raggiunto il tuo obbiettivo". Naturalmente l' obbiettivo può essere personalizzato in base alle vostre capacità. 
In realtà ottomila passi per una come me, della mia statura intendo,  non sono tantissimi, sono circa sei km e dal momento che non sto mai ferma sono in grado di farli anche solo muovendomi per casa. 
La prima volta che l'ho indossato per vedere se funzionava, sono andata a buttare la spazzatura nei cassonetti di un altro condominio, ho controllato il display e passo dopo passo  mi sono ritrovata a dover prendere un autobus per rincasare.
Vibra pure se non ti muovi per troppo tempo, si chiama "avviso sedentarietà". In questo caso emette più vibrazioni e ti sembra quasi di sentire la voce del sergente maggiore Hartman: "Ehi, alza le chiappe da quel divano e vai a fare il giro dell'isolato ti mancano solo 6500 passi all'obbiettivo giornaliero".
Ho iniziato con  8 mila passi, poi 9 e adesso sono a 16 mila giornalieri. Quando la sera mi accorgo che ne manca qualcuno, se è il caso,  comincio a far su e giù dal corridoio di casa.

"Ma perché!?" mi chiedeva mio marito comodamente sdraiato a leggere sul letto.  Lui sì che è un vero sportivo, ha sempre fatto esercizio fisico, non in  modo paranoico, ma diciamo che ha una buona collezione di tute Kalenji.
"Guarda! guarda! mancano sono 300 passi ed ho raggiunto i miei primi 16  mila!", gliene parlavo con euforia maniacale; ad ogni traguardo raggiunto lo obbligavo a guardare il display decantandogli le virtù terapeutiche di quella che è diventata un' ossessione. Ha smesso di ascoltarmi intorno ai 10 mila passi.  Non mi  ha mai presa sul serio, finché un giorno non l'ho regalato anche a lui e adesso facciamo a gara a chi dopo cena deve andare a buttare la spazzatura. Naturalmente nei bidoni del condominio a 6 isolati dal nostro.