giovedì 10 settembre 2015

Perchè Bruno Vespa ha fatto bene con i Casamonica

Sul rapporto tra giustizia, informazione e opinione pubblica ho discusso la mia tesi di laurea e il mio convincimento rimane sempre lo stesso: i giornalisti devono informare e i magistrati devono giudicare, ognuno nei rispettivi luoghi di lavoro. Tuttavia il confine tra dovere di informazione e tutela della segretezza, nella fattispecie quella delle indagini,  è davvero labile in tutti gli Stati di Diritto. Soprattutto, nell' Italia dei guinnes dei primati positivi, questo confine non esiste proprio. Infatti, sovente ci ritroviamo  magistrati che presidiano i talk-show per fare gli opinionisti e giornalisti, che trascinando il carro dell' opinione pubblica davanti ai buoi dello scoop, hanno creato il quarto grado di giudizio dopo la Cassazione: la Televisione.
Due sere fa a Porta a Porta, il programma condotto da Bruno Vespa, sono stati invitati i Casamonica, famiglia di zingari abruzzesi, lo sottolineo solo perché la devota figlia del de cuius, Vittorio Casamonica, ci teneva particolarmente a comunicarlo alla nazione. Naturalizzati laziali e ap'papà,  a quanto risulterebbe dai numerosi procedimenti a carico di svariati parenti, non contestati nemmeno dal loro legale di cui non riescoa immaginarne le parcelle, tengono in ostaggio mezza Roma, delinquendo e scorrazzando per tutti i capi di imputazione del codice penale. Estorsione, scommesse clandestine, assegni a vuoto (oramai depenalizzati), usura al 200%, spaccio di stupefacenti, tutto alla luce del sole capitolino senza che nessuno dica nulla, ad insaputa dei più, soprattutto del sindaco che se c'era dormiva.
Intendiamoci, qui si parla di dinastie intere ben dislocate nello spazio-tempo, mica di un clan gitano che è sul territorio ad uso transitorio. Si parla di radici nel cemento.
Ma noi italiani, naturalizzati europei, abituati a dormire il sonno di chi c'era, fin quando i criminali non ci sfilano davanti in pompa magna col un carro funebre maestoso e con un elicottero che sorvola uno spazio aereo proibito, e non è  una metafora, ci crogioliamo nel beneficio del dubbio. Il senso di legalità per l'italiano medio, fosse una carta dei Tarocchi, sarebbe rappresentata dal Socrate capovolto "io non so di sapere".
Invece, l'altra sera, in seconda serata, è accaduto l'inevitabile: si è dispiegata davanti a noi, inesorabile, La Verità dei fatti. La verità che ci dà fastidio, quella che ci fa venire il voltastomaco, quella che ci fa sentire rassegnati, quella che ci fa pensare: perché nessuno fa niente. In che mani siamo? Mani sporche e mani pulite, il distributore del sapone s'è rotto, è fallita la ditta.
E allora, a quel punto, si è sollevato il coro dei perbenisti radical shock che  si esprime sui social col vocione tipico della tirannide della maggioranza:
"Bisogna fare le indagini nei tribunali!", infatti il magistrato Sabella,ospite la sera successiva, stava a legger codici in cancelleria.
"Avete legittimato dei criminali a parlare in tv! E' uno sQuifo!",
E, scusate, chi li avrebbe legittimati a delinquere?
Bruno Vespa?






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